venerdì 4 febbraio 2011

Alberto Burdese

Il professor Alberto Burdese era ordinario di Istituzioni di diritto romano presso la facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Padova; è scomparso ieri all'età di 84 anni. Come ogni essere umano, alla fine anche lui se n'è andato. Pace all'anima sua.  E' stato bravo ad arrivare alla venerabile età di 84 anni, perchè con tutte le maledizioni che i suoi studenti gli hanno indirizzato in decenni di carriera professorale, l'irreparabile sarebbe potuto accadere molto ma molto prima. Ne parlo perchè il prof. Burdese è una di quelle persone che lasciano un segno indelebile di sè nell'animo e nella memoria degli studenti. Come la professoressa di matematica delle medie o quella di latino del liceo. Come gli esami di maturità. Insomma uno che se ci finisci sotto le grinfie come studente, te lo ricordi tutta la vita. Io sono tra questi. La mia (breve) carriera universitaria è passata sotto le forche caudine dell'esame di Diritto romano (e Storia del Diritto romano), la sua materia. E' un esame che a quei tempi (ora non so) si sosteneva nel primo anno, con lo spirito elevato verso nuovi e nobili traguardi, verso sfide nuove per lo studente appena maturato al liceo e quindi dotato di grande entusiasmo. E quello era il primo grande errore. Perchè da studentelli pivellini inesperti, andare subito a sbattere contro un esame e, peggio ancora, contro un professore del genere, era come affrontare un muro e pensare di buttarlo giù a mani nude. Infatti le percentuali degli studenti che su quel m uro ci restavano spiaccicati come moscerini erano impressionanti. Cifre intorno al 97-98%. Conti facili da fare, perchè negli appelli con un centinaio di iscritti erano solo 2 o 3 quelli che riuscivano a passare. Una strage sempre annunciata e sempre realizzata ad ogni sessione d'esami. E come se non bastasse, i modi erano dei peggiori, strafottenti e arroganti. Sono così passati nella leggenda i libretti lanciati dalle finestre o fatti volare per aria, le battute pesanti, i commenti sarcastici ai danni degli studenti colpevoli di non saper rispondere alle domande del professore. Erano gli anni di Giurisprudenza di Padova che aveva la fama di essere la migliore facoltà d'Italia. Erano, nel mio caso, quelli dal 1975 in poi. Dove per alzare la fama e la considerazione della facoltà veniva individuata nella percentuale dei promossi agli appelli uno dei criteri maggiormente qualificanti. E allora per avere brillanti carriere universitarie bisognava essere dei geni o avere le giuste conoscenze. Tutti gli altri, carne da macello.  Come se non bastasse, l'ambiente in cui affondava le sue radici la facoltà era prevalentemente quello di destra, dove i più moderati ed "aperti" erano quelli (!) delle correnti democristiane più arcigne e conservatrici. D'altra parte erano gli anni del 6 politico e del 18 garantito. Erano gli anni di Scienze Politiche a Padova e di Sociologia a Trento, che furono terreno di crescita della Sinistra extraparlamentare, di Lotta continua, di Autonomia operaia e infine anche del partito armato. Logico che la roccaforte della destra, Giurisprudenza, dovesse in tutti i modi distinguersi dalla massa del movimento studentesco. Ma sono altri discorsi che ci porterebbero lontano dal nostro professor Burdese.

Per capire il clima che si viveva durante quegli esami-strage voglio citare un aneddoto che in quegli anni circolava sulle bocche di tutti. Un'avvenente studentessa decise di giocarsi altre carte oltre a quella della preparazione precisa e dettagliata della materia. Quindi si presentò all'esame con una minigonna mozzafiato e una camicetta generosamente sbottonata. Durante l'esame chiese disinvoltamente di poter fumare (in quegli anni non c'erano le restrizioni al fumo come oggi) e così portò a termine la sua interrogazione. Che sfortunatamente per lei non fu ritenuta sufficiente. Nel comunicarle la bocciatura, l'esimio prof. Burdese ebbe a dire, con voce impostata e faccia opportunamente contrita: "Signorina, nel congedarmi da lei e invitarla a tornare al prossimo appello avendo ben studiato il mio libro di testo, la saluto come Enea salutò la sua città in fiamme, salpando a bordo di una imbarcazione: Addio Troia fumante!!".

Giusto per notizia, l'esame con il professor Burdese io lo passai con successo al primo colpo, feci parte di quel misero 2-3% di promossi in quella sessione. 
Col senno di poi potrei dire che a qualcosa il prof Burdese e il suo esame però sono serviti. A non darsi per sconfitti ancor prima della battaglia.

7 commenti:

Laura Dal Moro ha detto...

Una vigorosa stretta di mano. Una pagina si è finalmente chiusa. Ora a qualcuno mancano due ali protettive... Vieni a trovarmi su http://paginariodigitale.blogspot.com

Giovanni Sonego ha detto...

Immagino tu sappia che quella della "troia fumante" è una leggenda urbana.

Anonimo ha detto...

La battuta della "Troia fumante" è vecchia come il cucco!
Non credo poi che un professore di tal livello come Burdese si abbassasse a tanto: è una grave offesa rivolta ad una donna.

Unknown ha detto...

Come è detto chiaramente nel post, quello di "Troia fumante" è un aneddoto che circolava a quei tempi (parliamo di oltre 30 anni fa...)ed era sulla bocca di tutti. Nessuna pretesa di asserire verità storiche.

Anonimo ha detto...

Bell'articolo sul prof. Burdese.
Io ho frequentato le aule del Bo' fino ad una decina di anni fa, essendomi immatricolato nell'oramai lontano a.a. 1997/98, conobbi e frequentai il Burdese e di lui, a distanza di anni, servo un ricordo prezioso.
Garantisco la la "leggenda" della "Troia fumante" circolava anche negli anni a cavaliere tra i '90 e inizio 2000 :D
Avv. MIKE

Jacopo ha detto...

Ho frequentato Giurisprudenza a Padova nei primi anni '90 e posso dire che la leggendaria frase su "Troia fumante" circolava ancora per i corridoi del Bo, anche nella sua versione latina.
Mi ricordo come fosse adesso il primo giorno di lezione di Burdese in una aula Ederle gremita di matricole ricolme di sincero entusiasmo, scomparso alla fine dell'ora.

Fabrizio ha detto...

Ho letto il bel ricordo di Burdese che ricostruisce anche un'epoca contrastata e difficile:il terrorismo, le notti dei fuochi padovane,la difusione delle droghe, divenute beni di conssumo tra i giovani ed il trasformarsi dell'università da baronale ed elitaria a scuola di massa dei figli della piccola e media borghesia, quella che ormai non esiste più, distrutta dalla crisi economica. Anch'io avevo avuto la fortuna di sfangarla al primo tentativo con i due esami di romano del primo anno. Ho sempre creduto poco all'addio, o arrivederci, alla "troia fumante", come alle storie,che ancora circolavano nei miei anni,sulle sue disavventure coniugali in quel di Bressanone. Erano probabilmente frutto del risentimento di falangi di studenti che avevano dovuto cedere le armi davanti a quelle mura invalicabili. Burdese era uno dei tanti personaggi leggendari di qull'università, non meno di Trabucchi,Bettiol,Opocher,Paladin, e ognuno per motivi diversi.Le montagne quasi invalicabili, le pareti di sesto grado sarebbero arrivate poi: privato con Carraro e Pietrobon, commerciale con il terribile Genovese, amministrativo scritto con Mazzarolli e, prima ancora, con il quasi inespugnabile Guicciardi della cui severità si favoleggiava anche post mortem.Mi dicono che la severità sia rimasta lo stigma di Padova, forse non ci sono più le figure leggendarie alla Burdese.
Fabrizio