sabato 31 ottobre 2009

In che paese viviamo?

Un corpo scheletrico martoriato, due vertebre fratturate, il viso tumefatto, l'arcata sopraccigliare rossa e gonfia in modo abnorme, un occhio rientrato, la mascella fratturata, la dentatura rovinata. Così si presentava il cadavere di Stefano Cucchi, il detenuto del carcere di Regina Coeli, morto a 31 anni nel reparto per carcerati dell'Ospedale Pertini di Roma. Era stato fermato per il possesso di 20 grammi di "fumo"; di lui non si era saputo più nulla, ai suoi genitori che reclamavano informazioni non era stato più detto nulla, salvo la notizia del ricovero in ospedale e poi della sua morte. Nulla, il vuoto. Non stiamo parlando di un paio di ceffoni per dare una lezione a qualcuno. Questo è stato un vero massacro fisico. Fatto da chi? In che circostanze? Chi era Cucchi? Un ragazzo di trent'anni come tanti altri con un debole per il "fumo"? Un balordo, uno sbandato? Un delinquente abituale o un incensurato? Il re della droga o un tizio qualsiasi incappato per caso in un controllo occasionale? Qualunque sia la risposta, la domanda da porsi è: come è possibile finire la propria vita in questo modo in un paese civile con leggi, istituzioni e garanzie costituzionali intese a regolare i rapporti tra stato e cittadini, a tutela e salvaguardia dei cittadini stessi? Otto giorni di vuoto dopo un fermo di polizia e poi la fine. Perchè e come è potuto accadere?


Tutti i telegiornali, la stampa e la rete web hanno riportato le immagini agghiaccianti diffuse dalla Procura della Repubblica di Napoli nelle quali viene ripresa la scena dell'omicidio di Mariano Bacio Terracino, avvenuto nel quartiere napoletano della Sanità. Un regolamento di conti della malavita tra malavitosi della peggior specie, situazioni che a Napoli ormai sembrano non fare più notizia. Sicuramente non suscitano più reazioni tra la gente, a giudicare dalle immagini dove si vedono i passanti scavalcare e passare sopra il corpo della vittima con assoluta indifferenza. Nessuno che si avvicini al corpo per sincerarsi delle condizioni o per prestargli un primo soccorso. La gente gli passa accanto o sopra senza neppure degnarlo di uno sguardo, come se fosse la cosa più naturale del mondo, come se per terra non ci fosse un uomo, ma un mucchio di stracci da evitare.
Come si può arrivare a questo punto? Che livello di assuefazione si deve raggiungere per comportarsi in questo modo? Nelle immagini riprese all'interno del bar si vede che i presenti si voltano a guardare verso l'esterno richiamati dal rumore degli spari, ma nessuno si prende la briga di prendere nemmeno in mano un telefonino e chiamare soccorsi.
Paura, non cinismo o indifferenza. Questa è l'interpretazione fornita per giustificare o comprendere un siffatto comportamento. Paura di essere coinvolti, di vedere qualcosa che si non deve vedere o che è molto meglio per tutti non vedere. Non indifferenza, non assuefazione. Solo paura. Ma anche una grande sfiducia nelle istituzioni, oltre che una gran voglia di farsi i fatti propri.
Che Italia è questa? In che paese viviamo?

mercoledì 28 ottobre 2009

Maigret e Montalbano



Un mio caro amico, nel leggere il post sui romanzi polizieschi svedesi, mi ha detto: ma perchè piuttosto non parli di Maigret e di Montalbano?

Ho deciso di non scriverne (almeno per ora) perchè sono fuori categoria. Per rispetto, soprattutto. Non avrebbe senso. Come si fa a scrivere le proprie impressioni di lettura su classici della letteratura come Moby Dick o Guerra e pace?
Maigret/Simenon e Montalbano/Camilleri sono due icone, degli dei della letteratura.
E gli dei si venerano, non si discutono.

martedì 27 ottobre 2009

Non solo Millennium
















Roseanna, romanzo di Maj Sjowall e Per Wahloo
Assassino senza volto, romanzo di Henning Mankell

Non solo Millennium, ovvero la letteratura scandinava prima del grande successo di critica e di pubblico della trilogia di Stieg Larsson. Personalmente sono assolutamente entusiasta di questa scoperta fatta sull'onda dei tre romanzi dell'eroina Lisbeth Salander, perchè ero all'oscuro di questo filone letterario (per mia ignoranza, naturalmente).
Questi due romanzi sono, in ordine temporale, tra gli "antenati" di Millennium e ci possono aiutare a capire come sia nato il fenomeno editoriale di questi ultimi anni. Andiamo con ordine.

Roseanna è un romanzo scritto a quattro mani, cosa già di per sè insolita. Maj e Per sono una coppia anche nella vita privata, oltre che alla macchina da scrivere. L'uscita del libro risale agli anni 60 e vede come protagonista il poliziotto svedese Martin Beck. Un tipo fondamentalmente depresso e malinconico, metodico nella sua quotidianità, alle prese con una moglie ruvida e pressante che riesce a procurargli qualche mal di stomaco di troppo. O forse è il mestiere di poliziotto che gli provoca il mal di stomaco. Il dubbio è da sciogliere a piacere, a seconda dell'umore e dell'estro di lettori. Martin Beck è protagonista di molti libri scritti dalla coppia (credo almeno 7-8), al punto di essere paragonato, non senza qualche esagerazione, ad un suo collega francese, tale Maigret, figlio diletto di Georges Simenon... La storia si dipana sistematica e appassionante, giorno dopo giorno, intorno alle indagini per risalire all'omicida di una giovane donna americana (Roseanna) trovata cadevere nelle acque del porto. Lo stile è prettamente europeo (niente colpi di scena o sparatorie di stampo americano) e il periodo storico (anni 60) condiziona e limita l'utilizzo dei mezzi tecnologici in uso all'epoca. Eppure le indagini di polizia si facevano anche allora senza poter ricorrere all'esame del DNA o le alchimie chimiche attuali. E, chissà, forse l'intuito di un poliziotto era anche più sviluppato dei nostri contemporanei. Tant'è vero che alla fine l'assassino viene identificato e acciuffato. Ma non dirò di più, ovviamente.

Assassino senza volto è un altro poliziesco, ambientato questa volta non a Stoccolma, ma nella Scania, regione del sud della Svezia, nell'estrema punta della penisola scandinava che si protende verso la Danimarca. Il protagonista è il commissario Kurt Wallander, interpretato con discreto successo da Kenneth Branagh sugli schermi del cinema (ma non mi risulta che i film siano distribuiti in Italia). Ho avuto modo di vederne un paio che non mi sono affatto dispiaciuti perchè fedeli all'atmosfera dei romanzi di Mankell. Wallander è un poliziotto molto "svedese", al pari del suo antesignano Martin Beck di trent'anni prima. Sposato e abbandonato dalla moglie, una figlia con cui ha un difficile rapporto, un padre pittore sclerotico con la mania di dipingere sempre lo stesso soggetto e la fissa di fare -una volta nella vita- una vacanza in Italia, al sole di Rimini. Riflessivo e metodico, conduce le sue indagini con passione e coinvolgimento, spesso tormentato e disturbato dai rapporti con la stampa o dalla nostalgia della moglie che lo ha lasciato. L'epoca di questo romanzo sono i primi anni 90, quindi abbastanza vicini a noi, ma i rapporti si stendono ancora con la macchina da scrivere e di telefonini neanche l'ombra... Lo spettro degli omicidi a sfondo razzista domina il racconto, con centri di raccolta per profughi provenienti da tutte le parti del mondo. Elementi che rendono di drammatica attualità la storia raccontata in questa nostra epoca di extracomunitari clandestini. Come dire: nulla di nuovo sotto il sole...

lunedì 26 ottobre 2009

Film visti. La battaglia dei tre regni

La battaglia dei tre regni
regia di John Woo; con Tony Leung Chiu Wai, Takeshi Kaneshiro, Zhao Wei.
[voto: 2.5]
John Woo è un ottimo regista d'azione di nascita cinese (Hong Kong), ma da lungo tempo trasferitosi negli Usa per poter esercitare al meglio la sua professione di cineasta sfruttando le possibilità offerte da Hollywood e dalle majors americane. Ha firmato film di grande successo come Mission Impossible 2, Broken Arrow e prima ancora l'ottimo Face/Off. Insomma è uno che il mestiere di regista ce l'ha in mano e con ottimi risultati. Questo suo ultimo film, cinese sia di produzione che di contenuti, è un po' un ritorno in patria o alle origini tant'è che, sia la storia che gli attori che l'ambientazione, sono cinesi al 100%. Ma sostanzialmente non cambia di molto il canovaccio di fondo. Rimane un film d'azione, sia pure in una ambientazione storica e geografica del tutto insolite per Woo. Lo scenario non sono i grattacieli di New York e le armi non sgranano centinaia di proiettili al minuto. Ma la sostanza rimane. Bisogna dire che di film storici che narrano epopee e tradizioni cinesi ne abbiamo visti molti negli ultimi anni. Di diverso spessore e di diverso contenuto, dalla violenza pura a quella ammantata di enfasi (a tonnellate...). Dall'esaltazione delle arti marziali ad un lirismo sofisticato stile Zhang Yimou. Da non dimenticare l'incursione nel mondo orientale (ma lì si trattava di Giappone più che di Cina) di Quentin Tarantino con il suo Kill Bill. Insomma ne abbiamo visti di tutti i colori in salsa orientale. La battaglia dei tre regni si differenzia per un'enfasi meno marcata, per una storia meno fantasiosa e debordante nel fantastico, per una aderenza ad un certo rigore storico. Tuttavia quando al cinema si contrappongono i deboli buoni contro i forti cattivi si sa quasi sempre come vada a finire. Qui non si fa eccezione e i cattivoni imperiali sono chiaramente destinati a fare una brutta fine nonostante le loro forze preponderanti sui buoni e bravi cinesi dei regni del sud. La storia è tutta qui, è descritta in maniera minuziosa senza troppe indulgenze agli spruzzi di sangue in faccia agli spettatori e con un ridotto numero di prodigiosi e assolutamente ridicoli salti dei guerrieri a cui eravamo abituati.
Inutile dire che i costumi sono molto curati mentre la fotografia è meno colorata del solito per scelta probailmente dello stesso Woo che voleva raccontare una storia piuttosto che fare un film olografico e di maniera. Dai paesaggi alle scene di battaglia, tutto è girato in digitale con effetti maestosi ma fasulli. Questo non leva fascino alla confezione finale, ma ormai chi ci casca più?
Un rilievo negativo di non secondaria importanza: difficile seguire una qualsiasi battaglia delle tante proposte nel film e avere ben chiari e distinti i contendenti. Divise quasi tutte uguali (per non parlare delle facce dei soldati "carne-da-macello"...). Pochi i riferimenti per distinguere gli schieramenti e dunque sembra che tutti combattano contro tutti in una grandiosa confusione. Mi piacerebbe pensare che questo particolare sia quasi voluto per sottolineare che in una guerra fratricida tra popoli della stessa razza e nazione non ci sono differenze. Ma forse esagero in benevolenza. Passati i tempi in cui tra cow boys e pellerossa non ci si poteva confondere neppure per scommessa....
Uffa che noia... questo è in estrema sintesi il giudizio sul film... Dopo due ore e mezza di lotte e tattiche militari alternate a sottolineature del genio cinese in tema di arguzie e ingegnosità, di gustose bevute di the, di passioni muliebri delicate e appena accennate, arriva la morale finale. Di fronte ad una distesa sterminata di cadaveri (buoni e cattivi), il trionfatore della battaglia dei tre regni sentenzia sconsolato "in guerra nessuno vince". Amen.

domenica 25 ottobre 2009

Ma cosa abbiamo fatto di male per meritarci Halloween?

Ci risiamo, con ottobre inoltrato torna il tormentone di Halloween, delle zucche vuote, delle streghe e dei dolcetti-scherzetti. Uno strazio. Solo business, solo commercio, solo scimmiottamento stupido di usanze popolari prevalentemente americane che ci sono culturalmente estranee e che non hanno alcun aggancio con la nostra tradizione.
Ma possibile che dobbiamo essere così succubi della pre-potenza americana nell'imporre al mondo la propria cultura e le proprie tradizioni popolari? Ogni anno la solita storia, non se ne può più. Basta con Halloween e basta con tutte 'ste menate che sono solo pretesti per fare cassa e alimentare insulsi business.
Una volta questo periodo dell'anno era quello della Festa di Ognissanti che aveva un significato e una tradizione, sia popolare che religiosa. Adesso si parla solo di zucche vuote, di feste in discoteca e di horrorifici scherzetti carnevaleschi fuori stagione. Ma per andare a ballare in discoteca bisogna proprio ricorrere ad Halloween? Adesso Ognissanti ha una rilevanza solo se il 1° novembre si incastra a dovere per un ponte festivo. Altrimenti niente.
Ma Halloween, quello sì, ha ovunque e comunque spazio e visibilità. Basta.

mercoledì 14 ottobre 2009

Politically correct, che palle!

Vi capita spesso come capita a me di ricevere via mail dei consigli non richiesti sullo stile di vita da tenere e osservare per condurre un'esistenza salubre, serena, in pace con il mondo, "giusta" e rispettosa degli altri, dell'ambiente in cui viviamo, del proprio corpo, della propria salute, degli animali di qualunque razza e specie, delle minoranze etniche, delle religioni, dei vicini di casa e di tutto quello che può passarvi per la mente? In altre parole, politically correct. Ordunque, tutta questa massa di consigli contribuisce a formare una specie di legislazione virtuale che spazia in ogni campo. Non sto neppure a prendere in considerazione le catene di S.Antonio virtuali che minacciano ogni sorta di sfiga e disgrazie varie se non si ottempera nel giro di qualche minuto all'invito perentorio di far proseguire la predetta catena inviando altre decine di mail del tutto inutili ad altrettanti malcapitati. Un tempo le catene di S.Antonio servivano almeno ad incrementare la vendita di francobolli per le Poste Italiane che qualcuno sospettava alimentassero deliberatamente la circolazione di suddette catene proprio per lucrare sui francobolli. Ma adesso che le mail circolano gratis la proliferazione è del tutto incontrollata.
Però ogni tanto succede che in posta elettronica arrivi qualcosa di interessante o meno banale e insulso del solito... Proprio ieri mi è arrivata una mail-catena-di-s. antonio che merita di essere letta, sia per farsi due risate, sia per meditare sullo stile di vita politically correct che siamo indotti ad osservare da tutta una serie di pressioni mediatiche veicolate principalmente (ma non solo) dalla pubblicità massiva su giornali, radio e televisioni.
Eccovela:

Dicono che tutti i giorni dobbiamo mangiare una mela per il ferro e una banana per il potassio. Anche un'arancia per la vitamina C e una tazza di thè verde senza zucchero per prevenire il diabete. Tutti i giorni dobbiamo bere due litri d'acqua (sì, e poi pisciarli, che richiede il doppio del tempo che hai perso per berli). Tutti i giorni bisogna bere un Actimel o mangiare uno yogurt per avere i 'L.Cassei Defensis', che nessuno sa bene che cosa cavolo sono però sembra che se non ti ingoi per lo meno un milione e mezzo di questi bacilli (?) tutti i giorni inizi a vedere sfocato. Ogni giorno un'aspirina, per prevenire l'infarto, e un bicchiere di Vino rosso, sempre contro l'infarto. E un altro di bianco, per il sistema nervoso. E uno di birra, che già non mi ricordo per che cosa era. Se li bevi tutti insieme, ti può dare un'emorragia cerebrale, però non ti preoccupare, perché non te ne renderai neanche conto. Tutti i giorni bisogna mangiare fibra. Molta, moltissima fibra, finché riesci a cagare un maglione. Si devono fare tra i 4 e 6 pasti quotidiani, leggeri, senza dimenticare di masticare 100 volte ogni boccone. Facendo i calcoli, solo per mangiare se ne vanno 5 ore. Ah, e dopo ogni pasto bisogna lavarsi i denti, ossia dopo l'Actimel e la fibra lavati i denti, dopo la mela i denti, dopo la banana i denti... e così via finché ti rimangono 3 denti in bocca, senza dimenticarti di usare il filo interdentale, massaggiare le gengive, il risciacquo con Listerine... Bisogna dormire otto ore e lavorare altre otto, più le 5 necessarie per mangiare, 21. Te ne rimangono 3, sempre che non ci sia traffico. Secondo le statistiche, vediamo la televisione per tre ore al giorno. Già, non si può, perché tutti i giorni bisogna camminare almeno mezz'ora (attenzione: dopo 15 minuti torna indietro, se no la mezz'ora diventa una). Bisogna mantenere le amicizie perché sono come le piante, bisogna innaffiarle tutti i giorni. E anche quando vai in vacanza, suppongo. Inoltre, bisogna tenersi informati, e leggere per lo meno due giornali e un paio di articoli di rivista per una avere una visione critica. Ah!, si deve fare l'amore tutti i giorni, però senza cadere nella routine: bisogna essere innovatori, creativi, e rinnovare la seduzione. Bisogna anche avere il tempo di spazzare per terra, lavare i piatti, i panni, e non parliamo se hai un cane o ... dei FIGLI??? Insomma, per farla breve, i conti danno 29 ore al giorno. L'unica possibilità che mi viene in mente è fare varie cose contemporaneamente: per esempio: ti fai la doccia con acqua fredda e con la bocca aperta così ti bevi i due litri d'acqua. Mentre esci dal bagno con lo spazzolino in bocca fai l'amore (tantrico) col compagno/a che nel frattempo guarda la tele e ti racconta, mentre tu lavi per terra. Ti è rimasta una mano libera?? Chiama i tuoi amici! E i tuoi genitori. Bevi il vino (dopo aver chiamato i tuoi ne avrai bisogno). Il BioPuritas con la mela te lo può dare il tuo compagno/a, mentre si mangia la banana con l'Actimel, e domani fate cambio. Però se ti rimangono due minuti liberi, invia questo messaggio ai tuoi Amici (che bisogna innaffiare come una pianta). Adesso ti lascio, perché tra lo yogurt, la mela, la birra, il primo litro d'acqua e il terzo pasto con fibra della giornata, già non so più cosa stavo facendo ... però devo andare urgentemente al bagno. E ne approfitto per lavarmi i denti....SE TI HO GIÁ MANDATO QUESTO MESSAGGIO, PERDONAMI. É L'ALZHEIMER, CHE NONOSTANTE TUTTE LE CURE NON SONO RIUSCITO A PREVENIRE...




martedì 13 ottobre 2009

Non ci sono più le stagioni di una volta...

Beh, cerchiamo di non cadere nel banale. OK. Ma non si tratta di una battuta, è proprio così.
Naturalmente bisogna premettere che tutto, a questo proposito, è relativo. A cominciare da tempo e luogo. Mi spiego meglio.

Io abito a Padova, nel Veneto. Nord Est d'Italia, tradizionalmente terra che affoga nell'umido sia d'estate (afa) che d'inverno (nebbia). Così è sempre stato, ma solo fino a un paio d'anni fa. Ad esempio, questa estate appena trascorsa è stata semplicemente stupenda. Da metà giugno in poi abbiamo avuto in tutto 5-6 giorni di pioggia, per il resto il sole, splendido, ha regnato indisturbato. Il caldo, fatta eccezione per una quindicina di giorni ad agosto (su 3-4 mesi in totale), si è mantenuto a livelli accettabili. L'umidità è stata clemente con percentuali diurne intorno al 40-50% massimo (tutti dati desunti dal meteo di Sky Tv) e di notte ha permesso a tutti di dormire decentemente senza il fastiodoso appiccicaticcio delle lenzuola sulla pelle.
Fino a l'altro giorno (siamo quasi a metà ottobre) di giorno c'erano 26-28 gradi che la sera scendevano a 18-20. Temperature fantastiche in ottobre, figuriamoci in piena estate.
Passiamo all'inverno? Ma no, basta tradurre tutto ciò che di buono ho detto della bella stagione in termini invernali. Temperature non eccessivamente fredde, nebbie poche, una bella nevicata abbondante che ci sta sempre bene, ma nulla di che. Un piccolo paradiso.
Perchè i miei ricordi dell'infanzia parlano di inverni rigidissimi, di nebbioni impenetrabili per tre mesi di fila, di ghiaccio per le strade? Di estati torride, di aria pesante e irrespirabile per l'afa, di disagio per il caldo insopportabile? Perchè se vado ancora più indietro con i ricordi, ai racconti che da bambino mi faceva mia mamma, le cose vanno anocora peggio? Mistero. E' davvero cambiato il clima oppure sono i ricordi a tradirci? Il tempo cambia le cose e le percezioni, portandoci a ricordare cose diverse dalla realtà?
Ma questa è la mia esperienza padovana e veneta. Tutto è relativo, dicevo all'inizio. Forse non vale per altre realtà venete a 50 o 100 km da qui. Ma lontano da qui e dal Veneto le cose vanno allo stesso modo? Sembrerebbe di no. Al sud d'Italia, invece del tradizionale tempo secco e senza precipitazioni si legge spessissimo e si vedono immagini di un'estate flagellata da devastazioni, da alluvioni, da allagamenti e straripamenti inusitati per il periodo e i luoghi. Ma allora non sono i ricordi e le percezioni a inquinare lo scorrere delle stagioni. C'è qualcosa che non quadra in questo scenario dove l'Italia sembra capovolta con il bel tempo al nord e il maltempo al sud?

L'ombra del vento. Bello il titolo, deludente il romanzo

L'ombra del vento di Carlos Ruiz Zafon

Dico la verità: ho fatto fatica a finirlo. Mi perdonino gli estimatori di Zafon, ma ho trovato questo romanzo terribilmente noioso, privo di spunti interessanti che rendessero vivo il racconto e una tendenza di fondo al drammone con venature sentimentaleggianti. Una volta tanto il passaparola non ha funzionato. Me lo avevano consigliato come "sicuro" e invece proprio non ci siamo. Lo considererei decisamente sopravvalutato. Insomma, se della critica è meglio diffidare (per tanti motivi), se il passaparola non sempre c'azzecca e toppa così vistosamente, allora cosa rimane?

In sintesi la trama, senza entrare troppo nei particolari. Secondo dopoguerra, Barcellona, Spagna del periodo franchista. Daniel è il figlio decenne e orfano di madre di un libraio antiquario ed è nell'ordine delle cose che il mondo dei libri sia il suo ambiente naturale. Dal padre viene introdotto, ancora bambino, al piacere della letteratura con un singolare rituale: scegliere più o meno casualmente e d'istinto un libro sconosciuto in una specie di catacomba libraria semi segreta, "adottarlo" e custodirlo gelosamente per la vita. Bislacco, quantomeno. Il caso (o il destino) gli pone tra le mani il romanzo sconosciuto di uno sconosciuto scrittore, L'ombra del vento di Julian Carax, e da quel momento in poi la sua vita (del bambino e di chi gli sta intorno) è segnata. Mi fermo qui.

Perchè non mi è piaciuto? Perchè la struttura narrativa è costellata da una serie di racconti nel racconto che impoveriscono la storia portante prendendo troppe e troppo lunghe strade laterali che distraggono dal fulcro della storia. Perchè il racconto oscilla dal drammatico al tenebroso, dal sentimentale al comico-grottesco, finendo per non avere una sua identità se non quello di una grossa frittata con troppi ingredienti. Quelli che parlano bene direbbero eccesso di melò?
La palma del più antipatico e improbabile tra i personaggi va proprio al protagonista Daniel Sampere, al quale l'autore Carlos Ruiz Zafon mette in bocca ragionamenti da adulto già da quando è bambino, del tutto inadeguati e troppo "grandi" per un imberbe piccoletto poco più che decenne. La forbice tra l'età del protagonista e il suo vissuto narrativo continua su questa falsariga fino a quando nel corso dello sviluppo la vicenda arriva al suo epilogo. A quel punto Daniel ha circa diciotto anni, ma per tutto quello che fino a quel momento gli è accaduto e per come il personaggio è sviluppato, di anni potrebbe benissimo averne il doppio (e sarebbe stato meglio...). Mi sembra che basti e avanzi per dare un'inquadratura alla verosimiglianza del racconto.
Alla fine di tutto, tra passioni amorose, assassinii, misteri più o meno svelati, guerre civili, figli segreti, qualche coup de theatre ...e via narrando, rimane un dubbio di fondo. Che diavolo aveva di così eccezionale il romanzo perduto del misterioso Julian Carax intorno al quale ruota tutto il libro (e gli da il titolo)? BOH.

Film NON visti. Barbarossa

Barbarossa
regia di Renzo Martinelli, con R. Hauer, F. Murray, K. Smutniak
voto: s.v.

Conoscendo le qualità registiche di Martinelli e la genesi politica che ha portato alla produzione dell'opera, la visione del film non mi interessa. Sorry.

lunedì 12 ottobre 2009

Film visti. Bastardi senza gloria

Bastardi senza gloria
regia di Quentin Tarantino; con Brad Pitt, Christoph Waltz, Diane Kruger, Eli Roth, Mike Myers
voto: 1
Oltre due ore e mezzo di film per una ciofeca assurda. Imbarazzante per l'autore di film-culto come Pulp Fiction e Kill Bill. Tarantino ha toppato nettamente partendo dalla presunzione di poter riscrivere la storia in chiave fantastica, ironica e irridente. E pensare che in conferenza stampa alla Mostra del cinema di Venezia è arrivato a dire che si trattava del suo film migliore. Da arrossire. Ma con i morti (veri) di una Guerra mondiale non c'è proprio nulla da scherzare e tantomeno con lo sterminio degli ebrei perpretato dai nazisti.
Un film che poteva risparmiare a se stesso e a noi. Unica nota positiva: un buon cast di attori (il cacciatore di ebrei su tutti), ma totalmente sprecato.

sabato 10 ottobre 2009

WOW! La classe non è acqua


Barak Obama: Wow! Forse non me lo merito.
Questo il commento alla notiza del Premio Nobel per la pace assegnatogli.

Silvio Berlusconi: Io sono il migliore di tutti !
Questo dice di se stesso come Capo del Governo italiano.
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Per la serie: Modestia e presunzione nei due personaggi sono inversamente proporzionali al loro peso politico internazionale. Sigh.

mercoledì 7 ottobre 2009

Vergogna!

Mia figlia sta cercando lavoro. Ha 23 anni ed ha lavorato in proprio gestendo un bar in città. La crisi di questo periodo ha causato un fortissimo calo di clientela, tanto da costringerla a chiudere l'attività. Ha fatto domande di assunzione senza risultato, salvo ricevere un'offerta da parte di una catena di negozi di elettrodomestici molto nota e diffusa.
Questa in sintesi la proposta: contratto di tre mesi a 40 ore settimanali. In pratica per 4 settimane lavorative si tratta di 160 ore complessive. Retribuzione: 250 euro mensili.

Vi sembra di vivere in un paese normale?

Film visti. Baarìa

Baarìa
Regia di Giuseppe Tornatore, con Francesco Scianna e Margareth Madè.


Voto 4 (su 5)



Dico subito che è un film splendido, sul quale il primo pensiero che mi è venuto in mente uscendo dalla sala è stato: finalmente si torna a parlare di cinema. Baarìa è cinema allo stato puro, con molti pregi e qualche difetto (che vedremo dopo). La sensazione più forte che Baarìa riesce a trasmettere è quella di un grande respiro, di spazi grandi e profondi, sia come location narrativa, che come fluire del tempo. Tornatore usa inquadrature che abbracciano la scena, la avvolgono e la penetrano come in un grande amplesso. Con passione e con amore. In Baarìa si ha la sensazione di riuscire a percepire l'amore del regista per il cinema e per la storia che vuole narrare. Tra le cose che principalmente piacciono nel film vi è la capacità di fotografare situazioni e sintetizzarle con la massima forza narrativa. La sintesi nelle immagini come strumento per raccontare una storia. Cambi improvvisi di soggetto nella stessa scena per descrivere visivamente il passare del tempo e la crescita dei personaggi usando come anello di congiunzione un gesto, un oggetto, un'azione. Ad esempio, la ripetitiva pulitura e lucidatura degli scarponi di madre in figlia: la spazzola continua ad andare avanti e indietro ma il soggetto cambia. Stessa seggiola accanto alla stufa, stessa stanza, stessi abiti poveri e dimessi, stessi gesti rituali, ma due personaggi diversi. Fulminante.
Non voglio addentrami troppo nei particolari perchè è giusto lasciarli scoprire e gustare allo spettatore, ma dico solo che in certi momenti della prima parte del film (quasi tre le ore di durata) la bellezza dei personaggi e la capacità di Tornatore di narrare per immagini la storia di Peppino e di sua moglie Mannina sono quasi commoventi. Non mi vergogno affatto ad ammettere che mi è venuto un certo nodo alla gola in un paio di occasioni. Quanto spesso succede che un film riesca ad emozionare in questo modo? Su tutto e su tutti (colonna sonora compresa) aleggia maestoso lo spirito di Sergio Leone, il maestro.


Ho detto prima che accanto ai pregi ci sono anche difetti. Cominciamo dai pregi del film tra i quali vanno ascritti certamente i due protagonisti (sconosciuti). Peppino e Mannina sono "veri" e credibilissimi. Impossibile non affezionarsi a loro e rendersi compartecipi delle loro vicissitudini. Enorme la pletora di partecipazioni di guest star che fanno da contorno portante alla narrazione. Bellissimi camei da cercare e annotare qua e là, quasi fosse un gioco. Voglio citarne tre per tutti (e non sono nemmeno tra i più belli): la presenza di Monica Bellucci che appare unicamente in una scena di sesso, muta quanto breve (battuta: la Bellucci esprime il meglio di sè come attrice); il tormentone-ritornello di Beppe Fiorello e Aldo (del trio comico Aldo-Giovanni-Giacomo) restituito alla sua drammatica sicilianità animalesca.
E passiamo ai difetti del film. Che emergono alla lunga (due ore e mezza sono tante per riuscire a mantenere ritmo e interesse), perchè Tornatore non riesce a mantenere la brillantezza descrittiva e narrativa per tutto il film. Dunque avrebbe giovato una durata minore per non appesantire il tutto. La sintesi visiva e la caratteristica di fissare in immagini folgoranti il racconto si ammoscia man mano che scorrono le mezz'ore del film. Peccato, perchè tutta la prima parte sarebbe da vero capolavoro.
Il finale mi sembra un po' contorto nella sua proposizione onirica e fantastica. Sogni, realtà bambini del passato e del presente si fondono e si mescolano. Un po' troppo.

Veniamo al capitolo spinoso dei contenuti. La storia si basa sulle vicende di un gruppo di persone legate tra loro da vincoli di amicizia e parentela che si sviluppa nel paese di Bagheria. Lo sfondo è il percorso storico, politico e sociale compiuto dalla Sicilia stessa e dall'Italia, dalla fine degli anni '30 fino ai giorni nostri. Possiamo ben immaginare la difficoltà di raccontare 60-70 anni di storia italiana. Tornatore decide di seguire le vicende di Peppino cominciando da suo padre, che ancora bambino era "affittato" dalla sua famiglia come pastore dietro ricompensa di quattro forme di formaggio.
Sono tanti i temi affrontati nel film. Ne cito uno per tutti. Peppino è costretto ad emigrare a Parigi per cercare lavoro. Al suo rientro a Bagheria incontra degli amici sul sagrato della chiesa. Questi vedendolo con la valigia in mano gli chiedono per dove stesse partendo. Insomma nessuno si era accorto fino ad allora della sua assenza. Emblematico e toccante. Ma questo è solo uno dei tanti momenti forti del film. Sempre in tema di contenuti, il nostro caro Presidente del Consiglio Berlusconi ha dichiarato, all'uscita del film a Venezia, che gli era piaciuto molto, soprattutto perchè descrive la sconfitta e il declino del Partito Comunista Italiano e le falsità del regime sovietico. Di Berlusconi e dei suoi sempre presenti fantasmi bolscevichi non vale la pena parlarne, ma questa è una possibile chiave di lettura del film di Tornatore, sebbene il regista abbia dichiarato che trovava l'interpretazione data da Berlusconi sorprendente e fuorviante. Tant'è.

Consiglio vivamente chi volesse riconciliarsi con il buon cinema, tra tante stupidaggini che circolano sugli schermi, di non perdere Baarìa. E' un grande film.

sabato 3 ottobre 2009

Film visti. Basta che funzioni

Basta che funzioniregia di Woody Allen; con Larry David (alter ego di Woody e antipatico come lui, quindi perfetto), Evan Rachel Wood (biondina e svampita, perfetta), Patricia Clarckson (la mamma della svampita, perfetta).
Voto: 2 (su 5)

Prima annotazione. Se si riesce a superare il primo quarto d'ora senza addormentarsi, si arriva felicemente fino alla fine del film.
Seconda annotazione. Il protagonista Boris sembra Woody con un'altra faccia, ma lo stesso caratteraccio insopportabile, ansiogeno, verboso, altezzosamente intellettuale, sprezzante, incline alla battuta fulminante e tendenzialmente geniale e autocelebrativo. E gesticola come il suo alter ego...
Può bastare a inquadrare la situazione e delineare un giudizio su questo ultimo film del maestro Woody Allen? Intorno a Boris/Woody ruotano come satelliti dei co-protagonisti deliziosi. La giovane Melody, biondina, carina, visceralmente ignorante e svampita; Marietta, la di lei mamma, belloccia cinquantenne altrettanto svampita e attizzafuochi maschile multipla. Due personaggi perfettamente scritti, delineati e interpretati per entrare degnamente in orbita attorno alla stella Woody/Larry David.
Il film è impegnativo perchè i dialoghi hanno un alto contenuto specifico di monologhi anche troppo lunghi, battute e battibecchi frizzanti e intelligenti che non si afferrano con una visione distratta o superficiale. Tuttavia l'ora e mezza della durata del film scivola via piacevolmente (rischio del primo quarto d'ora a parte, come detto). Ma ahimè, Woody Allen sembra fare sempre lo stesso film, cambiando situazioni e personaggi, ma ponendo se stesso al centro di tutto l'universo mondo (cinematografico).
Il finale è irritante e banale, per niente in linea con lo sfoggio creativo e intellettuale del resto del film. E questo è il motivo per cui il voto del film non va oltre il due.