giovedì 13 giugno 2013

Film visti. La saga infinita di Star Trek

Into darkness
Regia di J.J. Abrams
con Zoe Saldana, Chris Pine, Zachary Quinto, Anton Yelchin

[Voto: 3 su 5]


Questo ennesimo Star Trek è il sequel del prequel. Non è uno sciolingua, è proprio così. Il precedente esipodio (bellissimo!), sempre a firma di J.J. Abrahams, era l'antefatto della saga televisiva che presentava i vari Spock, Kirk, Sulu, ecc. nella loro gioventù, quando ancora sbarbatelli freschi di Accademia, cominciavano a macinare anni luce sulle astronavi della flotta stellare in giro per lo spazio in cerca di guai. In Into darkness troviamo i baldi giovanotti dal punto dove più o meno li avevamo lasciati, ma comunque molti decenni prima del periodo descritto nel serial televisivo.
Anche il personaggio di questa "puntata" è un nome noto ai fedelissimi. Si tratta di Khan (da cui l'episodio cinematografico di una ventina d'anni fa "L'ira di Khan") preso anche lui agli esordi ma già cattivissimo e potentissimo.
Il limite (ma forse anche il pregio) del film è proprio questo. Sa tutto di già visto, sfruttato e risfruttato. Se il precedente episodio faceva leva sulla novità di ritrovare gli storici protagonisti nella loro gioventù, in Into darkness viene meno anche questo elemento. Cosa rimane? Una trama abbastanza indecifrabile e avvitata su se stessa, personaggi principali ormai straconosciuti perchè visti, stravisti e analizzati da giovani, da adulti e da anziani. In questo episodio non manca neppure una resurrezione... Effetti speciali nella norma, ma che ormai non fanno più tanto effetto negli spettatori.... Insomma una mezza delusione che arriva al punto di sfiorare la noia. Che, per essere un film di azione e di fantascienza, è proprio disperante.
Ma, come detto, la possibile delusione porta con sè anche qualcosa di buono. Into Darkness è meno chiassoso e burlesco del primo di J.J. Abrahams, ma rivela di contro un'insospettata vena umanista e uno sguardo più maturo, meno sbarazzino, con l'attenzione rivolta a questioni da sempre dibattute nella cultura americana come la paternità (tre almeno le figure paterne del film), la leadership, la lealtà e il lutto. Per non dimenticare il sempiterno e universale valore dell'amicizia, per il quale si è disposti (Kirk) anche a dimenticare anche il tradimento (Spock).
Buona visione.

P.S.: il è distribuito nella sola versione in 3D. Non impazzisco per il 3D, preferisco la visione tradizionale. Fa più "cinema".

Film visti. After earth (che brutto futuro...)

After Earth
Regia di M. Night Shyamalan 
con Will Smith e Jaden Smith (padre e figlio)

[Voto: 1,5 su 5]

Mi dispiace non ci siamo proprio. M. Night Shyamalan è ben lontano dalle sue migliori prestazioni e tutto il film che chiaramente è pensato per celebrare la nascente dinastia degli Smith, Will e Jaden, non riesce a catturare lo spettatore procedendo stancamente e prevedibilmente senza reali colpi di scena. Finale prevedibile e facilmente intuibile già dopo pochi minuti.

Siamo nel solito e sfruttato filone postcatastrofico, con la solita terra devastata dall'incuria umana e/o da guerre distruttive. Qui l'azione si svolge in un futuro di mille anni quando il genere umano è migrato su un altro pianeta per una nuova vita lasciandosi alle spalle una terra ormai inospitale. In mille anni poco è rimasto della consapevolezza delle origini terrestri e del nostro pianeta ormai ci sono solo tracce nei musei o in qualche raro libro.
Succede che una super astronave fa naufragio proprio sulla terra e gli unici due supersititi sono Will Smith, generale eroico e stimato della nuova civiltà umana, e suo figlio Jaden, cadetto mancato e rampollo allevato militarmente da cotanto padre. Una fetecchia di famiglia, diciamo la verità. Insomma la trama è tutta qui ed è già scritta. Riusciranno i nostri eroi a resistere e salvarsi in attesa dei soccorsi su un pianeta che ormai fa paura anche solo per un insetto?
Indovinate un po' come va a finire....

Film visti. Effetti collaterali (veri o presunti)

Effetti collaterali
Regia di Steven Soderbergh
Con Jude Law, Rooney Mara, Catherine Zeta-Jones, Channing Tatum, Vinessa Shaw

[Voto: 3 su 5]

Effetti collaterali, ossia conseguenze non volute o non previste susseguenti ad un fatto o un evento. Nel caso in questione si tratta degli effetti dell'uso di farmaci antidepressivi.
Per affrontare il rientro del marito dopo un periodo di detenzione, la di lui giovane mogliettina (una opaca Ronney Mara) decide di combattere la sua depressione affidandosi alle cure di uno specialista. Prova quindi una serie di farmaci, uno dei quali, l'Ablixa, è determinante: infatti, una sera, non appena il marito Channing Tatum torna a casa, lei, immersa in un apparente stato di sonnambulismo, lo accoltella a morte. Le prove sono chiare e inconfutabili; tuttavia la moglie-assassina non viene incriminata, poiché non ricorda nulla ed era quindi incosciente delle sue azioni. Così, passa in un istituto di salute mentale, in misura preventiva. Lo psicanalista che l'aveva in cura e che le aveva prescritto il micidiale farmaco (un ottimo Jude Law), deve combattere col senso di colpa di aver inidirettamente provocato la morte di un uomo. E il dubbio prima si insinua e poi lentamente cresce e prende corpo, fino al punto di non essere più certo dell'innocenza della mogliettina semicatatonica...

Il film sfonda una porta aperta con chi, come me, ha fortissimi pregiudizi contro i farmaci antidepressivi e gli strizzacervelli in genere. Sono pregiudizi, ok. Quindi per definizione ampiamente immotivati e gratuiti. Tuttavia non ho nessuna simpatia e nessuna fiducia in chi può manipolare la mente umana con un composto chimico. tanto più che troppo spesso se ne fa un abuso abnorme fino a creare una dipendenza sia fisica che psicologica che realmente rende incapaci di intendere e di volere. La domanda è se gli effetti non siano più pericolosi e dannosi delle cause. Altra considerazione è che più si assumono antidepressivi e più si è incapaci di autodeterminarsi, di controllare gioie e tristezze, in balia completa di una perfida pillolina. In America ci vanno dentro alla grande, essendo lail regno per antonomasia dell'uso e dell'abuso sia della psicologia, applicata anche alle più infime banalità quotidiane, che della psicanalisi come compagna di vita. E se non sono le pillole è l'alcool. Il film di Sodeberg rispecchia esattamente questa realtà dove la ricerca di un equilibrio interiore sembra appaltato a psicanalisti e alle loro miracolose pillole antidepressive da buttar giù a manciate.
Il film finisce con l'essere un classico poliziesco con colpi di scena finali. Jude Law psicanalista dimostra di saperla lunga e di non essere disposto a farsi infinocchiare dalla melanconica mogliettina infelice.... Non male nel complesso.