lunedì 25 febbraio 2013

Libri. Un terribile pugno nello stomaco

Caduta libera
di Nicolai Lilin


Anno 1999, la Federazione Russa annuncia ufficialmente l'inizio della  guerra di Cecenia e nelle zone confinanti con il Caucaso del Nord. Formalmente l'azione militare si chiama "seconda operazione antiterroristica" nel territorio della Repubblica Federativa della Cecenia. Proibito parlare chiaro e usare il termine guerra. Nicolai Lilin racconta in prima persona la sua esperienza di soldato dell'esercito russo. Lui è un giovane, poco meno che ventenne, in servizio di leva obbligatoria. Si trova proiettato in poche ore dal suo paese al fronte, in un reparto altamente specializzato chiamato "i sabotatori". Dall'infradito al fango e al sangue, dagli agi della vita civile ai corpi martoriati dei compagni d'arme e dei nemici.
I sabotatori sono un reparto d'élite ben conosciuto e temuto dai militari russi per la temerarietà delle loro azioni, che gode di alcune prerogative come non usare uniformi o evitare le formalità gerarchiche. In compenso combattono in modo spietato e senza remore. Spesso dietro le linee nemiche. Nicolai, nome di battaglia Kolima, viene scelto per fare il cecchino. Merito di suo nonno che gli ha insegnato a sparare per andare a caccia. Ma tirare ad un cervo non è la stessa cosa che mirare ad un uomo. Non foss'altro perché l'uomo è armato anche lui. Kolima è un tiratore infallibile a cui aggiunge la non comune capacità di apprendere la difficile arte del cecchinaggio. Gli uomini inquadrati nel mirino sono come birilli da abbattere. Li si osserva, si scelgono uno ad uno, si decide dove e come colpirli. Non si spara nel mucchio come fanno le truppe ordinarie, il nemico lo si guarda quasi negli occhi attraverso il mirino diottrico del fucile di precisione. E lo si guarda morire, si guarda il suo corpo deformarsi e farsi a pezzi sotto la forza esplosiva delle pallottole. I proiettili hanno addirittura la cinica raffinatezza di avere una bassa carica (è anche questa l'arte perversa del cecchino), perché non devono penetrare il corpo del bersaglio e trapassarlo da parte a parte, ma devono esplodere dentro di esso e fare più danno possibile. Nel mirino del cecchino va in onda lo spettacolo della devastazione e della morte a distanza a portata di grilletto. Accanto ai racconti efferati di morte c'è anche l'intreccio delle vite con i compagni d'arme, con il capitano che comanda il reparto dei sabotatori. A cui ognuno di loro affiderebbe a occhi chiusi la propria vita. Il rapporto di amicizia  e cameratismo fondato sul legame reciproco di vita e di morte è una delle cose più impressionanti e affascinanti del libro.

Nicolai-Kolima racconta crudamente e senza filtri quello che hanno vissuto i giovani dell'esercito russo in quel periodo, durante il loro servizio militare obbligatorio; e quello che hanno vissuto i civili ceceni, mentre nella loro terra operavano due eserciti nemici. E' la narrazione in presa diretta della faccia vera e spietata della guerra, quella che non si vede nei film, e nei documentari,  ma forse solo nei reportage giornalistici o nei racconti delle ong (organizzazioni non governative) in difesa dei diritti umani. Nicolai Lilin racconta tutto in modo tale da permettere a ogni lettore di vivere i momenti della guerra, di attraversarla a fianco dei soldati, di sentirne l'oscenità sulla propria pelle. Sono racconti terribili, impressionanti, a cui è impossibile rimanere indifferenti. La morte sembra aleggiare come una compagna di lettura ad ogni pagina del libro. Che è un libro terribile per la sua crudezza nel raccontare come si uccide in guerra, di come si tortura e si oltraggia il nemico quando cade prigioniero. La morte diventa un evento ordinario, banale, che non fa più notizia, non impressiona più nessuno dei protagonisti che la dispensano  generosamente a piene mani, come se nulla fosse. Non c'è compiacimento nel raccontare di Nicolai. C'è dapprima quasi sorpresa e curiosità. Poi routine e assuefazione. Perché è questo che l'esercito vuole dai suoi uomini: obbedienza assoluta nell'eseguire gli ordini. Ma Nicolai va oltre e racconta anche e soprattutto le contraddizioni della guerra. La sporcizia morale e la corruzione dei vertici militari moscoviti a cui non importa nulla dei soldati e li considera carne da macello. A cominciare dalla definizione ufficiale del governo russo che vorrebbe far passare la guerra di Cecenia come una lotta ai terroristi invece di una invasione vera e propria. Ceceni, musulmani, mercenari, per i soldati russi sono tutti uguali, qualunque sia l'etnia o la nazionalità. Terroristi chiamati indifferentemente e semplicemente "arabi". A prescindere. Un libro che vuole essere ed è apolitico, neutrale; che racconta la guerra, la vita e la morte, le ingiustizie, gli orrori e gli atti di onestà così come apparivano nella vita di ogni giorno in Cecenia; che descrive le sensazioni, la perdita dell'equilibrio, i cambiamenti dell'essere umano che avvengono nel caos, oltre i limiti dell'etica e della morale.  E, da ultimo, il dramma del ritorno a casa dopo la fine della leva obbligatoria. Quando ormai è troppo tardi, il condizionamento mentale è compiuto. Il ragazzo ventenne in due anni di guerra ha lasciato il posto a una macchina da guerra che ormai sa solo uccidere. Non un saggio storico, ma un romanzo costruito su particolari veri, con vite vere. Terribilmente vere.

Nota 1 - In questi giorni esce nelle sale cinematografiche italiane un film di Gabriele Salvatores tratto da un altro libro di Nicolai Lilin, Educazione siberiana, precedente a questo Caduta libera. Anche questo è un racconto in prima persona delle esperienze personali adolescenziali del giovane protagonista. Un'opera che si è meritata il pubblico apprezzamento di Roberto Saviano. Da andare senz'altro a vedere al cinema.

Nota 2 - Nicolai Lilin ha origini siberiane ed ha vissuto in Transnistria fino all'età di 18 anni. Dal 2003 si è trasferito in Italia. Vive e lavora a Milano e scrive in lingua italiana. Particolarità decisamente non comune. In seguito al successo del suo primo libro ha dichiarato di aver ricevuto numerose minacce di morte in seguito alle quali gli viene assegnata una scorta da lui, però, rifiutata.

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