sabato 30 giugno 2012

Panem et circenses. E venne il giorno dei SuperMario

Giornata memorabile, quella di giovedi 28 giugno. Un doppio scontro Italia-Germania risoltosi con una doppia vittoria italiana. Nel campo della politica economica europea con lo scudo a protezione di Spagna e Italia e in quello sportivo con la semifinale dei campionati europei di calcio. Francamente credo che agli italiani mediamente abbia dato molta più soddisfazione la vittoria sul campo da gioco piuttosto che quella al tavolo della trattativa europea. Eppure le conseguenze positive per l'Italia e l'Europa stessa non si sono fatte attendere ed anche in maniera travolgente. Ieri le borse sono schizzate in alto con Milano capofila con un salto in positivo stratosferico al 6,6%!! Invece, ammettiamolo, i nostri cuori calciofili battono indiscriminatamente per Balotelli, Cassano & C. E molto italianamente godiamo come maiali per il doppio rospo che ha dovuto ingoiare la cancelliera di ferro tedesca Angela "culona" Merkel.
Panem et circenses dicevano gli antichi romani. Al "panem" ci ha pensato Super Mario Monti a Bruxelles. Quanto al "circenses", per ora siamo approdati trionfalmente alla finale di Kiev, se Super Mario Balotelli (& C.) faranno ciò che sanno fare il momento della gloria arriverà, speriamo, domenica sera. Se tutto andrà per il meglio come speriamo, allora sì ci divertiremo per davvero!

P.S.: la sintesi perfetta del match Spagna-Italia l'ha fatta Crozza in un recente Ballarò parlando della partita di esordio agli europei proprio tra spagnoli e italiani: Falliti contro disastrati... (video). Per fortuna che a metterci una toppa ci ha pensato Super Mario Monti con il suo scudo stellare... alla faccia dell'inflessibilità teutonica della Merkel.

domenica 24 giugno 2012

Film visti. Un bel poliziesco, finalmente


Le paludi della morte
Regia: Ami Canaan Mann
Con: Sam Worthington, Jeffrey Dean Morgan, Jessica Chastain, Chloe Moretz, Stephen Graham


Voto: 3,5 su 5


Mike e Brian sono una coppia di poliziotti texani. Detectives della squadra omicidi. Molto diversi tra loro caratterialmente, quasi opposti. Mike è uno del posto, conosce la sua gente, il suo ambiente e in un certo senso si adegua alla situazione. Brian arriva da fuori, non si sente legato a nessuno e a nessuno deve nulla. Segue il suo istinto prima di tutto. Classicamente sono i due tipici poliziotti americani, quello "cattivo" e violento e quello "buono", calmo e saggio. Succede che si verificano una serie di rapimenti di giovani donne che finiscono in altrettanti omicidi. L'ombra di un serial killer aleggia sulle paludi spopolate e desolate della zona. Terra di nessuno, dove nessuno vuole avventurarsi. Ma anche i paesani locali non sono esattamente raccomandabili. La fauna locale contempla di tutto. In altre parole, l'atmosfera ambigua del film è ottimamente resa sia nell'ambientazione, che nella descrizione dei personaggi, sia principali che di contorno. Un merito che va senz'altro riconosciuto alla regista (sulla quale torneremo dopo). Le indagini portano i due poliziotti a spingersi fuori dalla loro zona di competenza, cosa che scatena un conflitto nella coppia di cops sul portare comunque avanti l'inchiesta o farsi da parte lasciando la mano ai loro colleghi. Forma e sostanza, essere o non essere. Verità e falsità. Dilemmi non da poco.
La faccenda si complica quando ad essere rapita è una simpatica ragazzina del posto (la giovanissima Chloë Moretz), nonostante la giovane età già vittima della vita e delle circostanze (una mamma piuttosto disinvolta nello scegliere le sue compagnie maschili). Brian (quello "buono") non sente ragioni e si butta a capofitto nelle indagini anche se fuori giurisdizione, mentre Mike non ci sta, anche per motivi personali (i colleghi a cui dare una mano nelle indagini sono in realtà la sua ex moglie...). Come vada a finire ovviamente non posso dirlo. Quello che invece si può senz'altro dire è che finalmente ci troviamo di fronte ad un bel film di genere. Un poliziesco solido, ben costruito e appassionante, con una giusta suspence che va salendo sempre più verso il finale, come è giusto che sia. Il tutto senza fare ricorso ad effettacci o artifici spettacolari. Non sangue a litri, non sparatorie folli. Merito della regista figlia d'arte (il padre è Michael Mann), Ami Canaan Mann, qui alla sua seconda regia. Insomma un film non allineato ai moderni canoni hollywoodiani che sfornano film in serie che sembrano (sono) fumetti in versione cinematografica. Una ventata di nuovo, in canoni classici. Una contraddizione? Forse, ma per giudicare consiglio di andare a vederlo. Alla fine del film ne sarete soddisfatti. Il che non è cosa frequente negli ultimi tempi.

 
Javier Bardem
Jeffrey Dean Morgan
Buoni  i due attori protagonisti con l'ex "Avatar" Sam Worthington nei panni del poliziotto "cattivo" e un sorprendente Jeffrey Dean Morgan in quelli del "buono". A proposito, caso mai Javier Bardem (il bravo attore spagnolo lanciato da Bigas Luna prima e Pedro Almodòvar poi) avesse avuto un fratello gemello da cui è stato separato dalla nascita, ebbene è stato ritrovato. E' proprio Jeffrey Dean Morgan, il poliziotto "buono". Due gocce d'acqua.
 

domenica 17 giugno 2012

Lo scandalo delle raccolte fondi pro-terremotati

Il Fatto quotidiano, 16 giugno 2012
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/06/16/terremoto-abruzzo-i-soldi-degli-sms-imboscati-dalle-banche/265450/

Terremoto Abruzzo, i soldi degli Sms imboscati dalle banche

I circa cinque milioni di euro donati dagli italiani per "dare una mano" alla ricostruzione dei luoghi colpiti dal sisma del 2009, sono fermi nei forzieri degli istituti di credito. La Etimos, accusata nei giorni scorsi su alcuni blog di aver gestito direttamente il patrimonio, ci ha sì guadagnato e spiega come li ha spesi

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Gira e rigira sono finiti alle banche i 5 milioni di euro arrivati via sms dopo il terremoto dell’Aquila sotto forma di donazione. E la loro gestione è stata quella prevista da qualsiasi rapporto bancario: non è bastata la condizione di “terremotato” per ricevere un prestito con cui rimettere in piedi casa o riprendere un’attività commerciale distrutta dal sisma. Per ottenerlo occorreva – occorre ancora oggi – soddisfare anche criteri di “solvibilità”, come ogni prestito. Criteri che, se giudicati abbastanza solidi, hanno consentito l’accesso al credito, da restituire con annessi interessi. I presunti insolvibili sono rimasti solo terremotati. Anche se quei soldi erano stati donati a loro. Il metodo Bertolaso comprendeva anche questo. È accaduto in Abruzzo, appunto, all’indomani del sisma del 2009. Mentre Silvio Berlusconi prometteva casette e “new town”, l’ex numero uno della Protezione civile aveva già deciso che i soldi arrivati attraverso i messaggini dal cellulare non sarebbero stati destinati a chi aveva subito danni, ma a un consorzio finanziario di Padova, l’Etimos, che avrebbe poi usato i fondi per garantire le banche qualora i terremotati avessero chiesto piccoli prestiti. E così è stato. Le donazioni sono confluite in un fondo di garanzia bloccato per 9 anni. Un fondo che dalla Protezione civile, due mesi fa, è stato trasferito alla ragioneria dello Stato. La quale, a sua volta, lo girerà alla Regione Abruzzo. E di quei 5 milioni i terremotati non hanno visto neanche uno spicciolo. Qualcuno ha ottenuto prestiti grazie a quel fondo utilizzato come garanzia, ma ha pagato fior di interessi e continuerà a pagarne. Altri il credito se lo sono visto rifiutare.
L’emergenza
Bertolaso
, allora, aveva pieni poteri. Come capo della Protezione civile, come sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ma soprattutto nella veste di uomo di fiducia del premier Silvio Berlusconi. I primi soldi che Bertolaso si trovò a gestire furono proprio i quasi 5 milioni donati dagli italiani con un semplice messaggio del cellulare. Ma lui, “moderno” nella sua concezione di Protezione civile, decise che i milioni arrivati da tutta la penisola sarebbero stati destinati al post emergenza e alle banche, non all’emergenza. Questo aspetto non venne specificato al momento della raccolta, ma Bertolaso avevailpoteredidecidere a prescindere. Spedì poi un suo emissario alla Etimos di Padova, consorzio finanziario specializzato nel microcredito, che raccoglie al suo interno, attraverso una fondazione, molti soggetti di tutti i colori, da Caritas a Unipol.
I numeri Quello che è successo in questi 3 anni è molto trasparente, al contrario della richiesta di donazione via sms che non precisò a nessuno dove sarebbero finiti i soldi. Nemmeno a un ente, la Regione Abruzzo che, paradossalmente, domani potrebbe usare quei soldi per elicotteri o auto blu. La Etimos, accusata nei giorni scorsi su alcuni blog di aver gestito direttamente il patrimonio, ci ha sì guadagnato, ma non fatica ad ammettere come sono stati usati i soldi: dei 5 milioni di fondi pubblici messi a disposizione del progetto dal dipartimento della Protezione civile, 470 mila euro sono stati destinati alle spese di start-up e di gestione del progetto, per un periodo di almeno 9 anni; 4 milioni e 530 mila euro invece la cifra utilizzata come fondo patrimoniale e progressivamente impiegata a garanzia dell’erogazione dei finanziamenti da parte degli istituti di credito aderenti. Intanto sono state 606 le domande di credito ricevute (206 famiglie, 385 imprese, 15 cooperative). Di queste 246 sono state respinte (85 famiglie, 158 imprese, 3 cooperative) mentre 251 sono i crediti erogati da gennaio 2011 a oggi per un totale di 5.126.500 euro (famiglie 89/551mila euro, imprese 153/4 milioni 233mila e 500 euro, cooperative 9/342mila euro). Infine 99 domande sono in valutazione (68 famiglie, 28 imprese, 3 coop).
Gli aiuti e le banche Al termine dell’operazione quello che è successo è semplice: i soldi che le persone hanno donato sono serviti a poco o a niente. Non sono stati un aiuto per l’emergenza, ma – per decisione di Bertolaso – la fase cosiddetta della post emergenza. Che vuol dire aiuti sì, ma pagati a caro prezzo. Le persone si sono rivolte alle banche (consigliate da Etimos, ovviamente) e qui hanno contrattato il credito. Ma chi con il terremoto è rimasto senza un introito di quei soldi non ha visto un centesimo. Non è stato in grado neppure di prendere il prestito perché giudicato persona a rischio, non in grado di restituire il danaro.
Che fine han fatto gli sms? I terremotati sono stati praticamente esclusi. Se qualcosa hanno avuto lo hanno restituito con un tasso d’interesse inferiore rispetto agli altri, ma pur sempre pagando gli interessi. Chi ha guadagnato sono le banche, sicuramente, e la Regione Abruzzo che, al termine dei 9 anni stabiliti, si troverà nelle casse 5 milioni di euro in più. Vincolati? Questo non lo sappiamo. Ne disporrà come meglio crede, sono soldi che entreranno nel bilancio.
La posizione di Etimos Fino a oggi, scoperto il metodo Bertolaso, il consorzio finanziario Etimos si è preso le accuse. Ma il presidente dell’azienda padovana al Fatto Quotidiano spiega che il loro è stato un lavoro pulito e trasparente. “Se qualcuno ha mancato nell’informazione”, dice il presidente Marco Santori, “è stata la Protezione civile che doveva precisare che i soldi erano destinati al post emergenza e non all’aiuto diretto. Noi abbiamo fatto con serietà e il risultato è quello che ci era stato chiesto”.
Da il Fatto Quotidiano del 16 giugno 2012

Libri. Jo Nesbo e i fantasmi del nazismo




Il pettirosso
di Jo Nesbo


Il Pettirosso è il primo dei libri di Jo Nesbo pubblicati in Italia dal 2000 al quale ne sono seguiti altri nel corso degli anni fino all'ultimo, Il Leopardo, uscito pochi giorni fa. Un grande successo editoriale internazionale del tutto meritato, a giudicare da questo Il pettirosso, che è un libro ben scritto, ben strutturato, con un intreccio noir di prim'ordine. Il protagonosta principale è il detective Harry Hole, un omone grande e grosso con il vizio del bere. Un vizio che lo ferisce profondamente, che gli fa del male fisicamente e mentalmente. Ma non gli impedisce, nei periodi di sobrietà, di essere un poliziotto investigativo di prim'ordine.
La vicenda si svolge nella capitale norvegese, Oslo, ma parte da lontano negli anni della Seconda guerra mondiale, quando la Germania di Hitler invase la Norvegia. Il re fuggì a Londra abbandonando il suo popolo; una parte della popolazione simpatizzante hitleriana e del nazionalsocialismo abbracciò gli invasori come salvatori della patria dai russi bolscevichi e addirittura si formarono reggimenti di volontari norvegesi che indossarono le divise del Terzo Reich passando dall'altra parte. Già, ... "l'altra parte". Qui sta il nocciolo del problema che genera tutta la vicenda. Patrioti o traditori? Vincitori o vinti? Temi ricorrenti quando c'è di mezzo una guerra e schieramenti opposti, tanto più se le divisioni si verificano in seno alla stessa nazione. Succede che Hitler perde la guerra e i volontari norvegesi passati tra le fila naziste, una volta tornati in patria, vengono giudicati e processati come traditori.  Passano gli anni, decine, arriviamo ai giorni nostri, ma c'è ancora qualcuno che cova un rancore sordo per essere stato considerato un traditore agli occhi del mondo e della storia. Al contrario quei reduci si ritengono dei veri eroi patrioti e continuano a fomentare odio raziale ea  diffondere il verbo neonazista. Da qui una serie di omicidi sui quali è chiamato a indagare il commissario Harry Hole. Non aggiungo altro perchè il libro merita una lettura attenta e va gustato per lo stile narrativo di Jo Nesbo, molto asciutto, molto aderente ai fatti, ma non per questo meno attento ai personaggi, sia principali che secondari.

Nel leggere questo noir inevitabilmente il ricordo è andato alla strage compiuta nei mesi scorsi (luglio 2011) in Norvegia da Anders Behring Breivik, un fanatico neonazista che ha ucciso a sangue freddo una novantina di persone, quasi tutti adolescenti, giustificando il suo folle gesto con discorsi sulla purezza della razza, sulla contaminazione degli stranieri immigrati, sul primato della religione cristiana su tutte le altre religioni, sulla lotta contro l'espansione musulmana e altre farneticanti allucinazioni. Il libro precede di una decina di anni i tragici fatti di Oslo del 2011 il che sta a indicare l'aderenza del racconto alla realtà storica e sociale norvegese. Elemento che aggiunge indubbio valore al libro.
La vicenda si conclude lasciando aperti alcuni interrogativi irrisolti. Giocoforza ritenere che nei romanzi successivi i nodi verranno al pettine e i conti saranno tutti regolati. Benissimo. Un altro libro di Jo Nesbo è già pronto da leggere sul comodino...
Buona lettura.

mercoledì 13 giugno 2012

Cassano, i "froci" e il gioco delle parti...

Insomma, con tutti i guai dell'Italia che ci assillano quotidianamente (o forse proprio per questo...), i giornali e le loro pagine web riportano oggi in primissimo piano con grande risalto il "caso Cassano". Sì sì, proprio così, il "caso Cassano" tra virgolette. Succede che in una conferenza stampa in Polonia, dove si disputano i campionati europei di calcio, il giocatore sia stato interrogato da un giornalista sulle dichiarazioni di Cecchi Paone (giornalista noto più per il suo coming out che per le dote professionali) che aveva dichiarato di aver avuto una relazione con un calciatore e-per buona misura-  che in nazionale vi erano alcuni casi di atleti segretamente gay e metrosexuals. In un mondo sfacciatamente perbenista e formalista come il calcio (ma lo sport in genere, salvo rari casi, non fa eccezione) la "rivelazione" era decisamente destabilizzante e dunque troppo ghiotta per non essere affrontata e analizzata in una pubblica conferenza stampa. Il guaio è che la domanda è stata posta ad uno come Nicola Cassano che notoriamente non passa per un gentleman, nè tanto meno per un fine diplomatico. Anzi diciamola tutta senza girarci intorno: Cassano è noto per essere una specie di beota ignorante e illetterato che ha sì, un ottimo tocco di palla, ma scarsissimo appeal intellettuale.
I giornalisti ci si buttano a capofitto e gli riportano la frase di Cecchi Paone, secondo il quale in nazionale ci sarebbero «due gay, un bisessuale e tre metrosexual». Cassano abbocca all'amo e dice quello che non doveva dire ma che tutti i presenti speravano dicesse: «Se penso quello che dico è la fine... ma credo che di froci non ce ne sono e comunque sono problemi loro». Il tutto stuprando platealmente congiuntivi e analisi logica e grammaticale.
Apriti cielo!
Ci mancava giusto l’uscita omofoba. E pensare che l'allenatore della nazionale, Prandelli, nella prefazione al libro di Cecchi Paone aveva invitato i calciatori a fare coraggiosamente coming out, scagliandosi contro i «tabù sull’omosessualità nel calcio». Parole, parole, parole.

Premesso che personalmente non ho la più pallida idea di chi sia un metrosexual*(tendenzialmente escluderei che abbia maliziosamente qualcosa a che fare con un'unità di misura), la risposta di Cassano è stata perfettamente in linea con il suo personaggio e la sua dimensione culturale. Intendendo per culturale non una accezione negativa o spregiativa, ma semplicemente che ognuno da, fa o dice ciò di cui è portatore. Nulla di più. Da un tipo come Cassano cosa ci si poteva dunque aspettare? Cosa doveva dire per non urtare la suscettibilità di chi sembra non stare che ad aspettare col ditino puntato di farsi urtare nella propria suscettibilità? Ha usato termini e concetti popolari per dire in due parole ciò che il comunicato ufficiale della federazione calcio ci ha tenuto a precisare (ovvero tradurre) poco dopo:
Testualmente la parafrasi federale delle parole di Cassano: "Ho solo detto che è un problema che non mi riguarda e non mi permetto di esprimere giudizi sulle scelte di altri, che vanno tutte rispettate".
Ma adesso sì, siamo tutti felici e contenti. Le battagliere minoranze gay sono soddisfatte e si sentono tutelate e rispettate nel loro diritto alla omosessualità. Il temibile Cassano ora non è più un pericolo per loro. L'Italia può continuare a occuparsi degli altri problemucci che la assillano. Amen.

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* Glossario
  1. La metrosessualità è, nel linguaggio giornalistico, il termine che viene usato per indicare una specifica condizione psicologica in rapporto alla propria identità sessuale. Si riferisce alla parola inglese metrosexual: si tratta di un incrocio linguistico tra le parole metro ed "eterosessuale". La parola metrosexual è utilizzata per indicare una nuova generazione di uomini, eterosessuali e non, tendenzialmente metropolitani (metro-), consumatori di cosmetica avanzata, curatissimi nell'aspetto (tra i vezzi più diffusi: l'ossessione per il fitness, l'abbronzatura a raggi UVA, la depilazione parziale o totale del corpo). Gli interessati sono appassionati di shopping e tendenzialmente salutisti.
  2. Froci. Una delle tesi sull'antica provenienza del termine “frocio” sarebbe la derivazione da fronscè: pronunzia volutamente scorretta di “fronsè” = fransé = francese. Ma non è l'unica tesi. Durante il tragico sacco di Roma del 1527, i Lanzichenecchi, milizia mercenaria al soldo dell’imperatore germanico, pare abbiano stuprato migliaia di uomini e donne senza distinzione. Per questo motivo i romani, terrorizzati, li chiamarono “feroci”: da qui, “froci”.

domenica 10 giugno 2012

Film. Storia di un femminicidio e altri delitti

LOVE&SECRETS
Regia: Andrew Jarecki
Cast: Ryan Gosling, Kirsten Dunst, Jeffrey Dean Morgan, Frank Langella

[Voto: 2 su 5]


Premessa 1: Il film è di due anni fa. Uscito negli Usa con un altro titolo (sensato): "All good things", che riprende un dettaglio della vicenda, il nome del negozio di prodotti naturali aperto dai due protagonisti. In Italia viene presentato come Love & Secrets; che diamine c'entri e che senso abbia sostituire l'originale con un altro titolo in lingua straniera, è un mistero solo italiano.
Premessa 2: il film è basato su una storia vera (che si dipana dagli anni 70 in poi in diverse località degli Usa). Diffidare sempre di questa postilla che solitamente si legge nei trailers o nelle presentazioni dei film. Per esperienza di frequentazione di sale cinematografiche ormai ultra decennale raramente ho trovato dei bei film con tale postilla. Che in realtà suona quasi come un avvertimento. "Te l'avevo detto... e adesso non lamentarti". Già, perchè l'eccessiva fedeltà ai fatti originali spesso taglia le gambe alla vena inventiva e artistica degli autori. Altrimenti la dicitura corretta sarebbe "liberamente ispirato ad un fatto di cronaca".

Il film merita un voto piuttosto basso a causa della seconda parte, ovvero quella più legata ai fatti originali. E' la parte di ricostruzione delle indagini relativa alla scomparsa in modo misterioso e irriolta di Kathie Marks, moglie di un rampollo di una ricca e potente famiglia di proprietari immobiliari newyorkesi. La parte decisamente più bella, elegante e narrata in modo raffinato è la prima, quella dell'innamoramento fra David Marks e Kathie. Ryan Goslin è ormai uno degli attori emergenti più apprezzati e affermati (il film è uscito ora in Italia proprio in virtù del crescente successo di Ryan), Kirsten Dunst è veramente brava e affascinante con quel suo modo molto elegante e intrigante di interpretare la giovane e disarmata ragazza di modeste origini che entra nella vita del giovane rampollo benestante. Altra bella interpretazione è quella di Frank Langella, nel ruolo del padre-padrone della famiglia di ricchi e senza scrupoli affaristi immobiliari. David è un figlio discretamente ribelle, che non ama la sua famiglia e il dio denaro a cui è consacrata. Ama starsene fuori dagli affari e lontano dalla ingombrante famiglia. E' di lui che si innamora, ricambiato sinceramente, la bella Kathie di modeste origini che ambisce a studiare per diventare medico. I due aprono un negozio di prodotti naturali (da qui il titolo originale del film) e conducono una vita semplice e senza pretese lontano dalla metropoli. Un amore che durerà fino a quando il vecchio Marks non costringerà suo figlio a rientrare nei ranghi familiari. E' allora che David comincia a dare segni di squilibrio mentale. Uno squilibrio che si manifesta nell'atteggiamento di chiusura totale nei confronti di Kathie che vorrebbe avere un figlio, al punto di costringerla ad abortire. A quel punto l'amore finisce e la parte bella del film anche.
Il resto è abbruttito da una voce fuori campo che rende la narrazione simile ad un documentario di tipo processuale. Un vero peccato, decisamente.

mercoledì 6 giugno 2012

Libri. Un Guccini per over 50

Dizionario delle cose perdute
di Francesco Guccini

La copertina del libro dice tutto già alla prima occhiata. E' la riproduzione del pacchetto di sigarette delle Nazionali. Roba di un altro mondo e di un'altra vita per ultracinquantenni. Non so nemmeno se siano ancora in commercio quelle sigarette. Ma questo lavoro di Guccini punta tutto sulla memoria e sui ricordi di piccole e grandi cose dei giorni andati, della sua giovinezza (Guccini ha superato i 70 anni d'età) e di un'Italia che non esiste quasi più. Il Dizionario è strutturato per capitoli nei quali vengono trattati singoli temi con riferimenti al passato filtrati attraverso la memoria dell'autore. Dai calzoni corti che gli adolescenti di una volta portavano tutto l'anno, estate e inverno, per continuare con il chewin gum introdotto in Italia dagli americani durante la seconda guerra mondiale, alla Fiat Topilino, al cinema o alle sigarette che si compravano sfuse. Una rivisitazione precisa e circostanziata fortunatamente fatta senza scadere nella retorica malinconica del "com'era bello quando eravamo giovani". Un'opera di filtraggio molto acuta e lucida senza indulgenze retoriche. Temo che chi abbia meno di cinquant'anni abbia poco interesse per questo libro, mancando il termine di raffronto storico. Perchè il meccanismo peculiare che rende piacevole questo Dizionario delle cose perdute sta anche nel confronto tra i ricordi di Guccini e quelli personali del lettore. Ognuno di noi ha una visione personale delle cose e dei fatti e naturalmente è giocoforza arrivare al confronto. Personalmente sposo al 100% tutto il capitolo dedicato al cinema. Quante verità, quanti ricordi di quelle sale di periferia della domenica pomeriggio a vedere film e respirare gratis nicotina. Per non parlare delle sale parrocchiali con un biglietto pagato poche lire ricevuto al sabato come premio per essere andato alla lezione di catechismo in parrocchia. Ricordi di un cinema dei tempi andati che ogni tanto è giusto rispolverare perchè non vadano persi definitivamente in qualche moderna multisala ipertecnologica.

Libri. C'è Larsson e Larsson...

Tempesta solare
di Åsa Larsson

Asa Larsson è una scrittrice scandinava che gode di grande successo con milioni di libri venduti. Nel retro di copertina si legge che "Tempesta solare ha tenuto sveglio Stieg Larsson una notte intera. Non riusciva a smettere di leggere". Secondo me il grande Stieg avrà avuto un forte mal di pancia per non riuscire a prendere sonno, non certo per le qualità del libro. Che infatti è una delusione totale. Moscio, senza nerbo, senza suspence per il 90% del racconto. I personaggi sono di un grigiore deprimente, dal primo all'ultimo. La storia, che pure aveva uno spunto iniziale interessante lasciando intravvedere sviluppi notevoli, va avanti stancamente e senza colpi di scena fino alle ultime pagine.
In breve. Un pastore (nel senso di carica religiosa) viene trovato morto e mutilato nella sua chiesa. Le indagini non portano da nessuna parte se non a cercare il colpevole all'interno del nucleo familiare. Viene incriminata la sorella che chiede aiuto ad un'amica d'infanzia, l'avvocatessa Rebecka Martinsson. Si scoopre che il mondo pervbenista e buonista che ruota intorno al gruppo religioso nasconde invece una realtà ben diversa e naturalmente ben nascosta sotto un'apparenza di facciata tutta preghiere e buoni sentimenti. Pare essere arrivati ad un punto morto, quando invece.... macchè. Magari ci fosse una svolta ad un certo punto nel racconto. Invece tutto procede stancamente fino in fondo. Anche l'epilogo sembra messo lì per concludere in qualche modo il libro. Una vera ciofeca. Eppure Asa Larsson è accreditata di milioni di libri venduti in tutto il mondo. Mi sa che qualcuno la confonde con il grande omonimo Stieg, quello di Millenium. Tutt'altra classe.

domenica 3 giugno 2012

Film visti. Messicani brutta gente (?)

Viaggio in paradiso
Regia di Adrian Grunberg. Con Mel Gibson

[voto: 2,5 su 5]


Messicani, brutta gente. Criminali delinquenti della peggior specie. Brutti, sporchi e cattivi. Chiunque della civile e ricca America entri in contatto con loro ne viene infettato e corrotto nell'anima e nell'aspetto, siano essi poliziotti di frontiera o attaché al consolato statunitense. Feccia latina.

Sono forse impazzito? No, per niente. Questo è il quadro del Messico e dei messicani che emerge dal film Viaggio in paradiso, con Mel Gibson. Una storiaccia con decine e decine di morti ammazzati, ma dal taglio brillante e a tratti ironico, che racconta di un rapinatore che viene inseguito e acciuffato dai poliziotti americani e messicani sul confine tra i due stati. I tutori dell'ordine si contendono il rapinatore e soprattutto il bottino della rapina (circa 2 milioni di dollari) con l'evidente intenzione di intascarselo. La spuntano i messicani e Mel Gibson finisce a sperimentare personalmente le delizie del sistema carcerario messicano. Da qui si dipana una brutale storia di vendette incrociate presentate come se fosse un videogioco, perchè la rapina non è stata perpretata ai danni di una banca, bensì di un malavitoso yankee in combutta con criminali messicani. La parte romantica della storia, che ben si addice ai languidi occhi azzurri dell'ormai rugoso Mel Gibson (gli anni passano per tutti...), ha a che fare con un bambino allevato dal boss malavitoso messicano come fonte di approvvigionamento di un fegato nuovo e funzionante da trapiantare al posto del suo, malato e da buttare. Il rude rapinatore yankee si intenerisce di fronte al triste destino del piccolo, ma soprattutto è tentato dalla mamma del piccolo, sfiorita sì, dagli anni e dalla vita da prostituta, ma pur sempre una apprezzabile possibilità per ricominciare daccapo e rifarsi una vita. Ma non dopo aver sistemato un po' di conti in sospeso a pistolettate e bombe a mano...

Il film offre un quadro del Messico e dei messicani a dir poco raccapricciante e insultante al punto che se fossi un messicano sento che mi incazzerei di brutto. La solita spocchia degli americani che si sentono numerose spanne al di sopra di tutti gli altri popoli e nazioni e osservano tutti dall'alto in basso. Un po' come viene quasi sempre dipinta l'Italia nei film americani. Provate a ricordare il trattamento riservato al nostro paese in un film di discreto successo della scorsa stagione, "Mangia, prega, ama" con la fatalona-bocca-larga Julia Roberts che arriva nel nostro paese e trova alloggio in un appartamento del centro di Roma senza riscaldamento e senza acqua calda in un immobile semi diroccato.... Salvo poi rimpinzarsi di ogni ben di dio nelle trattorie di Trastevere fino a scoppiare.

Tornando al film di oggi, non è possibile definirlo un brutto film, anche se non supera la soglia della sufficienza risicata. Mel Gibson gioca a fare il gigione impersonando il ruolo del rapinatore belloccio che la sa lunga e non ci sta a farsi fregare da nessuno. Un po' troppo lezioso e costruito per essere credibile fino in fondo. Dell'ambientazione oltraggiosa abbiamo già detto. E non c'è molto altro da aggiungere, salvo una chicca, soprendente nel contesto del film, in cui Mel fa il verso a Clint Eastwood facendosi passare per lui al telefono al fine di ottenere un appuntamento con un facoltoso imprenditore malavitoso. Non so come sia nella versione originale, ma quella doppiata nelle sale italiane è abbastanza credibile pur con una voce afona che, a memoria, non mi pare sia quella abituale del grande Clint.

venerdì 1 giugno 2012

Lettera di una donna aquilana alle terremotate emiliane

Come si vive un terremoto? Come si risponde alla terra che, tremando, ha sconvolto paesaggio, città. Vite? E come si vivono i momenti dopo, quando resta la paura e intanto si deve convivere con le rabbie, i dolori e il futuro? Le donne di L’Aquila lo sanno. Da tre anni lo sanno e ci fanno i conti. Quella Terra continuano a viverla. Nonostante tutto. Nonostante si sia TerreMutate, con le incertezze del cambiamento e con le forze della Terra a cui si resta comunque legate. E la capacità di resistere.  Ecco la lettera di una aquilana alle terremotate emiliane.

Ciao donne emiliane, la terra trema, le certezze crollano insieme ai muri, ai capannoni, insieme agli uomini, alle donne, con loro crollano i ricordi, gli amori, i progetti.
Vorresti gridare ma non hai voce e poi se gridi i muri rimangono crollati, le persone sotto le macerie, i sogni frantumati. Eppure lo vorresti un abbraccio che ti dica ci sono qui per aiutarti…
Eppure vorresti ritrovare anche quella forza che sempre ti ha tirato fuori dalle situazioni più difficili, quella forza che ogni volta pensavi di non avere.
Un terremoto si sa può accadere, se ne parla e le scosse che hanno accompagnato quella più devestante ce ne hanno fatto sentire l’odore.
Che odore ha un terremoto… L’odore della terra, quella terra amata, lavorata, faticata, sudata, l’odore della solitudine all’improvviso, di quella solitudine che improvvisamente ti fa sentire il vuoto intorno. L’odore della morte e della vita si mescolano insieme e l’odore potente della rabbia. Rabbia per chi non c’e’ l’ha fatta. I morti di una famiglia sono i morti di tutti. Si piange insieme, si è sconvolti insieme… Ci si arrabbia insieme…
Intanto sul quello che provi e che conosci solo tu ci scrivono fiumi di parole, fiumi di dibattiti, e tu dici: “Quante parole vuote, queste cose le “sente” chi le prova”. Promesse che non saranno mantenute e lo sai… Lo sai perché questo non è il primo terremoto della tua vita. Che ne sanno cosa hai lasciato sotto le macerie. Abbandoni, dolori, rifiuti, ma anche amori travolgenti, viaggi, tutto quello da cui ti sei rialzata e che conosci anche tu.
Già… ognuno sa quanti terremoti hanno devastato la propria vita… Ognuno lo sa…
In fondo, donne emiliane, che importa se a conoscere queste verità interiori siete solo voi, siamo solo noi donne. Alla fine lo sappiamo che ci rialzeremo e scrollandoci la polvere ed asciugandoci le lacrime con il braccio, andremo di nuovo avanti. E voi donne emiliane, lo farete come lo abbiamo fatto noi. E continuiamo a farlo, donne forti le donne emiliane, coraggiose, tenaci… Altri si riempiono di parole la bocca e voi farete, agirete, superete… Come in fondo una donna vera fa sempre. Sempre.
So che non mollerete, voi avete aiutato noi, noi aiuteremo voi, ed impareremo da voi. E molti impareranno da voi come ci si rialza da un terremoto, da lutti atroci che non ci sarebbero dovuti essere.
Ma quanti lutti una donna sopporta nella vita e mai si veste di nero, ma mette il suo vestito di sempre quello di una guerriera della vita. Ciao donne emiliane. Coraggio. Vi voglio bene una ad una.

Sonia Etere

Fonte: http://27esimaora.corriere.it/articolo/lettera-di-unaquilanaalle-terremotate-emiliane/